20 anni dalla Legge 42/1999.
Molti passi fatti dalla professione infermieristica: qualcuno avanti, qualcuno indietro, qualcuno da formica, qualcuno da canguro.
Siamo ancora al punto di partenza?
Riflessioni sulla vita, riflessioni sulla professione…
Un giorno, non molto tempo fa, lessi da qualche parte una frase riferita alla vita, ricca di potenziale significato e di allegoria, da rimuginare e tirar fuori dal cilindro delle idee ogni qualvolta si voglia etichettare personali decisioni o pensieri intimi.
La frase “sentenziava” così: “La vita è quella cosa che ti capita intorno, quando siamo impegnati a fare qualcos’altro”. A parte la paternità attribuita a questo o a quell’altro autore, verso la quale la Rete ci spinge: O. Wilde, J. Lennon, ecc., la frase ci stimola senz’altro a valutare l’essenzialità delle cose che girano attorno a noi, che ci circondano con la loro importanza, che ci imprimono un’aura illuminante, mentre noi a capo chino restiamo fissi e reiteriamo imperterriti le solite inutili disquisizioni che ci fanno rimanere sempre nel solito punto fermo, un punto morto insomma.
Ciò vale in modo ristretto, certamente per la vita, ma è altrettanto sacrosanto per un qualcosa che della nostra vita si nutre, cioè il nostro lavoro. Ed io, per un mio “tornaconto”, ho subito cercato di raffrontare il significato con la professione infermieristica, pensando ad una ideale collocazione, e vi confesso che non è stato per niente difficile.
Infatti, proprio quest’anno mi viene in aiuto una significativa ricorrenza, in quanto sono trascorsi 20 anni dalla Legge 42/1999 “Disposizioni in materia di professioni sanitarie”, un punto di partenza nel lontano passato, che rappresentò una pietra miliare per la nostra emancipazione ed exploit del professionismo sanitario, di abbandono di quella veste stretta qual’era il mansionario e l’ausiliarietà. Ho pensato che comunque in 20 anni, i passi fatti sembrano tanti, appare a noi aver raggiunto traguardi inimmaginabili, è vero! Ma come mi insegna Einstein, il quale afferma che tutto è relativo, e quel famoso gioco dell’infanzia in cui ci si doveva avvicinare e conquistare l’agognato “castello” (la tana), procedendo in avanti o indietro grazie ai passi fatti nelle vesti dei più svariati animali: se i passi fatti sono quelli di una formichina, potremmo farne a milioni, ma rimarremo sempre quasi fermi nelle vicinanze del luogo in cui iniziammo ad avanzare. Così con un’introduzione abbastanza riflessiva, mi permetto di pensare, di crede e fare mio un pensiero a similitudine dell’iniziale sulla vita, cioè “Il professionismo sanitario, l’autonomia tanto ricercata, a distanza di anni, ci girano attorno e ci circondano, mentre noi siamo impegnati ancora a fare il giro letti, la pulizia dei comodini, lavare padelle ed altri innominabili recipienti”. Tanto e bene si insegna, purtroppo, nei CdL , e negli Ospedali italiani ancora stentano le “vere” Direzioni infermieristiche.
Siamo ancora fermi, per molti versi, al punto di partenza, non avendo fatto molti “passi da canguro” o “passi da elefante”, ma tanti e tanti “passi da formica”.
Ed un ricordo che non si affievolisce, e non lo farà mai penso, mi balza alla mente intorno a quegli anni, in un’epoca ancora per me “in erba”, che mi fece capire per certi versi, il senso della giustizia, il senso della “vera pietà” e il senso del nursing che ancora non era ancora nato.
Lavoravo in Terapia Intensiva, e durante il turno di notte, passò a fare il giro il Direttore (cardiochirurgo), per valutare una situazione di un paziente, da lui operato, abbastanza serio e con valori emodinamici critici. Mise mano al ventilatore meccanico, smanettò, alzò e abbassò di tutto e di più, ma si passava dalla padella alla brace. Così gli venne un’idea e ce la disse, a noi disperati, intenti e sudati nel correre di qua e di là assistendo tanti pazienti a testa, uno con la mano destra e uno con la sinistra nei letti attigui. Nel bel mezzo della notte che stava ormai “coprendo” il paziente con la sua ombra, lui con fierezza e serietà ebbe l’intuizione: “Ragazzi fategli la barba!!!”.
Non vi dico come andò. E’ ininfluente per la mia riflessione, ciò che importa è che questa storia, da qualche parte, sia di giorno che di notte, si ripete senza sosta.
Giovanni Trianni Infermiere Legale Forense Ufficio Stampa APSILEF