“Uno, nessuno e centomila” fu l’ultimo romanzo, edito nel 1925, di Luigi Pirandello e per questo rappresenta anche l’immagine di sé che egli volle lasciar ai posteri.
In tal senso, che immagine vorremmo lasciare alle nuove generazioni professionali (ai nostri futuri colleghi) dell’infermiere specialistica.
Potremmo dire che in questa ignara figura ci sono UNA, NESSUNA e CENTOMILA cose da scoprire in base al punto di vista con cui la si guarda:
• Una perché il concetto di fondo, intorno al quale bisogna ben ancorarsi, è la NON frammentazione della professione al suo interno;
• Nessuna, a sentire la recente presa di posizione della FNOPI, poiché lo “specialista” può essere discriminato (per non dire declassato) arbitrariamente dall’oggi al domani;
• Centomila, come le sfumature e i percorsi che la professione apre così come esplicitato nelle sue norme fondanti.
Il porsi domande sulla “figura dell’infermiere specialista” si presenta come una ghiotta occasione per scavare nell’animo della professione, spesso grottesco e paradossale.
L’augurio è che come in un moderno “Vitangelo Moscarda, Gengé per gli amici” (protagonista del romanzo); “l’infermiere specialista” (professionista dall’esistenza ordinaria, senza pensieri angoscianti), rimanga turbato da un “banalissimo accordo” (FNOPI-CNF-CSM) tanto da decide di cambiare radicalmente il suo stile professionale con l’intento di capire chi sia veramente e attraverso questa introspezione trovare la chiave per capire la sua “legittimazione”.
Francesco Paolucci, Ufficio Stampa APSILEF