Fermo restando la posizione di difesa verso il SSN, (Sistema da tutelare e valorizzare) penso che il problema non risieda nella presunta offesa della Bonaccorti verso i professionisti sanitari (ricordiamo che fare spot televisivi rientra nel suo lavoro), ma bensì nel messaggio veicolato al pubblico e agli interessi di marketing che si nascondono dietro ad esso.
La libertà di informazione, parola e critica deve essere sempre garantita, la vera domanda da farsi è “ma il messaggio veicolato dallo spot era corretto e veritiero o mendace, forviante ed ingannevole?”.
L’esercizio di una professione sanitaria espone a potenziali “esiti” che posso arrecare nocumento al paziente (condizione alla base delle adesioni a polizze assicurative); a mio avviso la risposta al problema non risiede nel disincentivare (o peggio ostacolare) il diritto del cittadino a vedersi risarcire un danno (qualora giustamente riconosciuto).
D’altro canto non possiamo negare il problema della malasanità troppo spesso alimentata da sistemi autoreferenziali e garanzia di impunità,
perché questa si che sarebbe la vera offesa al cittadino e agli stessi professionisti sanitari che quotidianamente esercitano nella legalità e nella correttezza clinica e deontologica. Ritengo che la risposta risieda nell’incentivare la trasparenza tra il rapporto “professionista/cittadino” e nei sistemi di risoluzione dei contenziosi (che siano efficaci e rapidi).
Da qui il mio interrogativo, ma davvero ci sentiamo offesi da uno spot o dovremmo esserlo da un sistema che non premia le eccellenze mediante meccanismi meritocratici nei diversi ambiti sanitari e non estromette le “mele marce”.
Francesco Paolucci, Ufficio Stampa APSILEF