Un’ orrendo episodio nel cosentino, accaduto in febbraio, e reiterato, ci predispone alla fatidica eterna domanda: “Siamo ancora le “ancelle” del medico?” Può incuterci paura una mancata adesione alle sue richieste?
Una dottoressa del Servizio d’Emergenza, amante degli animali e rispettosa dei loro bisogni altrettanto come per quelli dei suoi pazienti, avrebbe “ordinato” a tre operatori, tra cui un infermiere, di portarle a spasso gli amici a quattro zampe, reclusi nella propria abitazione; e come ciliegina finale una bella ambulanza che fungeva da “pet car”.
Gli operatori avrebbero agito per paura di “disobbedire” ad un ordine medico.
Da ragazzino mi perdevo, come tanti miei amici coetanei, nel mondo incantato della spensieratezza gioiosa, quando intraprendevo una lotta intestina con il mio inconscio, (o ciò che fino ad allora si era embrionalmente formato): “Ce l’ho, ce l’ho, mi manca..” Interpretato in fretta e furia con il fatidico “celo, celo..” e così via. Il dubbio amletico mi assaliva nello scorrere veloce della mano del mio amico antagonista, ogni volta che mi sciorinava a più non posso quel bel “mazzettone” di figurine di calciatori, sia brillanti di tutto punto, che logore e cangianti di colore dell’asfalto polveroso.
Ce l’avevo? Ne ero sicuro? Prima di tutto! E poi, mi mancava sul serio, e potevo gioirne, al fine di contrattare un cambio tra quelle rare, gli scudetti e i “campioni”? Insomma dall’infanzia all’adolescenza questi dubbi perseguitavano molti di noi. Erano il nostro mondo, si viveva anche di questo, d’altronde i veri “macigni” della vita erano ancora lontano.
Una volta giunti nella “sfera adulta”, questo è ampliato da molti aspetti, divenuti col tempo essenziali e, quindi, vitali: la famiglia, gli affetti che ti orbitano attorno, il lavoro, le proprie passioni, ecc.. E’ in base a scelte autonome e specificatamente intime che posizioniamo l’uno o l’altro, insindacabilmente.
Il nostro lavoro è di per sè uno stato d’essere che ci plasma, ci coinvolge e stravolge l’animo. Esso ci innalza, ci stimola, e ci affonda in un batter di ciglio. Sono infermiere e mi chiedo, ricordandomi il”vecchio” adolescente, cosa ho e cosa non ho, come per le preziose figurine. Cosa ho nel mio bagaglio, nella mia faretra, di cosa posso nutrirmi ed essere fiero?
Gli esempi insiti nel mio profilo ce li ho; quelli del mio codice deontologico pure; quelli della completa autonomia anche; quella della posizione di garanzia nei confronti del paziente, che devo assistere e proteggere, ce l’ho; la “figurina“ logora dell’infermiere che spolvera il comodino, sempre a mente; quella dell’infermiere che sceglie la tipologia di legno per la ramazza, preziosissima; la “figurina” abbastanza vecchia dell’infermiere costretto a guidare i mezzi di emergenza, l’ho acquisita da poco, anche se da tempo sul mercato….
Ma la “figuraccia” dell’infermiere in servizio che si reca con l’ambulanza nell’emergenza del bisognino del fedele amico canino……mi mancava proprio.
Ringrazio la dottoressa in questione, per aver riposto nell’infermiere una fiducia sconfinata, dato l’aspetto OLISTICO della sua capacità assistenziale.
Giovanni Trianni Inf. Legale Forense Ufficio Stampa APSILEF