Vi è un certo imbarazzo nell’evidenziare il “silenzio” sull’argomento “Infermiere di Parrocchia”…..confido in un “peccato” di superficialità nel valutare i risvolti che l’iniziativa ha avuto, e che il “silenzio” sia sintomo di “pentimento” e “riconciliazione” con la professione.
Come è da nostra consuetudine, riportiamo spunti, riflessioni, punti di vista con cui formare un pensiero critico (e non unico) sui temi ed iniziative (senza plausi o critiche a priori -privi di argomentazioni- zche hanno il sapore di faziosità).
Abbiamo fornito ed argomentato le perplessità e i punti di attrito che il progetto “Infermieri di Parrocchia” pone in essere; dall’approccio deontologico (minando la laicità della professione alla base) ai presupposti di incostituzionalità (escludendo la parità di accesso alle cure di tutti gli individui).
Come spesso succede nella nostra professione gli “Altri” pensano di conoscere il “nostro bene” (supportati da una classe dirigente infermieristica ormai scollata dalla realtà).
Il fine, seppur nobile, non sempre giustica i mezzi…..(il detto risulta’ di una attualità sconvolgente), peccato che viene facilmente “dimenticato” o semplicemente “ignorato”.
Più che intercettare i “bisogni inespressi” comincerei a dare risposte a quelli “espressi a gran voce” ma da molto tempo inascoltati…….affrontiamo i problemi cronici che il territorio lamenta, l’assistenza domiciliare non sempre garantita (per non dire in regioni d’Italia inesistente), sperequazioni di accesso alle cure da parte del cittadino (che se pagante ottiene in tempi record) mentre se inviato da SSN vede liste di attesa chilometriche.
Bisogni più che espressi…..per non parlare dell’accesso al Pronto Soccorso dove il vero problema (al di là dei codici colore e dei numeri) sono ormai le situazioni croniche di mancanza di personale, servizi sanitari sul territorio assenti (o sostanzialmente inutili), esasperazione dell’utenza (che vede i propri diritti negati) che sfoga la propria ira sui quei pochi sanitari rimasti in servizio.
Facciamoci delle domande e chiediamo che ci vengano fornite risposte (anche le peggiori ed insoddisfacenti sono pur meglio di un silenzio sconvolgente).
Avvicinare l’infermiere alla comunità (cit.) non significa portarli nelle Chiese, nelle Piazze o nei Centri di Accoglienza; significa a mio avviso far riapprioprare il cittadino al diritto alla Salute che inesorabilmente si accompagna ad un dovere in termine di adesione a stili di vita sani e responsabili.
Francesco Paolucci, Ufficio Stampa APSILEF.
Abbiamo fornito ed argomentato le perplessità e i punti di attrito che il progetto “Infermieri di Parrocchia” pone in essere; dall’approccio deontologico (minando la laicità della professione alla base) ai presupposti di incostituzionalità (escludendo la parità di accesso alle cure di tutti gli individui).
Come spesso succede nella nostra professione gli “Altri” pensano di conoscere il “nostro bene” (supportati da una classe dirigente infermieristica ormai scollata dalla realtà).
Il fine, seppur nobile, non sempre giustica i mezzi…..(il detto risulta’ di una attualità sconvolgente), peccato che viene facilmente “dimenticato” o semplicemente “ignorato”.
Più che intercettare i “bisogni inespressi” comincerei a dare risposte a quelli “espressi a gran voce” ma da molto tempo inascoltati…….affrontiamo i problemi cronici che il territorio lamenta, l’assistenza domiciliare non sempre garantita (per non dire in regioni d’Italia inesistente), sperequazioni di accesso alle cure da parte del cittadino (che se pagante ottiene in tempi record) mentre se inviato da SSN vede liste di attesa chilometriche.
Bisogni più che espressi…..per non parlare dell’accesso al Pronto Soccorso dove il vero problema (al di là dei codici colore e dei numeri) sono ormai le situazioni croniche di mancanza di personale, servizi sanitari sul territorio assenti (o sostanzialmente inutili), esasperazione dell’utenza (che vede i propri diritti negati) che sfoga la propria ira sui quei pochi sanitari rimasti in servizio.
Facciamoci delle domande e chiediamo che ci vengano fornite risposte (anche le peggiori ed insoddisfacenti sono pur meglio di un silenzio sconvolgente).
Avvicinare l’infermiere alla comunità (cit.) non significa portarli nelle Chiese, nelle Piazze o nei Centri di Accoglienza; significa a mio avviso far riapprioprare il cittadino al diritto alla Salute che inesorabilmente si accompagna ad un dovere in termine di adesione a stili di vita sani e responsabili.
Francesco Paolucci, Ufficio Stampa APSILEF.