La locuzione latina errare humanum est, perseverare autem diabolicum tradotta letteralmente significa “commettere errori è umano, ma perseverare (nell’errore) è diabolico”.
La frase è entrata nel linguaggio comune, come aforisma con il quale si cerca di attenuare una colpa, un errore, purché sporadico e non ripetuto.
Sicuramente si tratterà di un errore ma nella missiva inviata al Ministro della Salute On. Giulia Grillo dall’oggetto “Infermieri fantasma” vedo qualcosa di diabolico.
Al fine di una disamina accurata di quanto redatto chiamo a raccolta tutte le menti eccelse della professione infermieristica al fine di evitare giudizi additabili come “turpiloquio” o “lesivi del decoro”.
Nella missiva si evidenzia una situazione che definirla “fantasma” sarebbe un eufemismo; mi sembra sotto gli occhi di tutto che il ricorrere a tipologie di contratti “atipici ” da parte delle aziende sanitarie sia ormai una prassi consolidata e fortemente raccomandata.
Oltre a considerare gli stessi Dirigenti Infermieristici come “Dirigenti sanitari non medici” la cosa che più mi lascia basito è il passaggio ….”….Accade così che un medico, la cui specialità è riconosciuta e tutelata, non possa affidare i suoi pazienti nel momento dell’assistenza a infermieri esperti dei percorsi più adatti ai bisogni di quel paziente specifico.
Se non accade addirittura che gli infermieri – colpevole la carenza di personale legata al blocco del turn over – siano demansionati e vengano affidate loro funzioni proprie di altre figure professionali anche non laureate, senza nulla riconoscere dei loro percorsi di studio…”; affermazione quest’ultima che avvalora il nostro ruolo professionale (così come per le altre professioni sanitarie) non paritetico (ma bensì corollario) a quello medico nel processo di cura.
Di fatto si riconosce che vi siano realtà sanitarie sul territorio nazionale in cui venga praticato e reiterato il demansionamento (che ricordo la “Legge” e non il filosofico pensiero pone fuori dalla sfera del diritto).
Quindi stiamo in maniera palese affermando al Ministro della Salute che il nostro ruolo professionale (che ricordo essere titolare di autonomia) vede “affidarsi” (badi bene solo ad infermieri “esperti” e non in possesso di competenze specialistiche abilitanti) pazienti dalla figura medica nel momento dell’assistenza; che però in talune condizioni non può espletare a pieno tale funzione perché chiamata ad eseguire attività proprie di altre figure non laureate (che specifico non sono da annoverare tra le professioni sanitarie).
Francesco Paolucci, Ufficio Stampa APSILEF.