Il titolo sembrerebbe una parodia del celebre film “Sette spose per sette fratelli” del 1954 diretto da Stanley Donen, ama l’accostamento non è poi cosi lontano dalla realtà.
Ogni volta che si cerca di capire il “giusto rapporto” tra numero di pazienti e numero di infermieri non vi è mai una uniformità di veduta.
Tranquilli non tirerò fuori numeri e rapporti (lascio l’arduo compito agli esperti del settore), ma vorrei farvi riflettere su alcuni punti che a mio avviso sono il vero nocciolo della questione.
La domanda sul giusto rapporto ritengo sia nata in concomitanza con la nascita stessa dell’infermiere; ossia quanti pazienti posso essere assistiti da un solo infermiere….?.
Negli anni si sono succedute norme, metodi di calcolo matematico, analisi di complessità assistenziale per arrivare di fatto ad un rapporto “orientativo” e comunque non definibile ed estendibile a tutti i contesti (o per lo meno non per tutti i pazienti); sembrerebbe poco, ma è seppur approssimativo un tentativo nobile.
Ma ribaltiamo il punto di vista del nostro interrogativo….ossia “di quanti infermieri ha bisogno un singolo paziente nel suo percorso assistenziale? “….
È da questo concetto che si evince che il punto cardine del rapporto sono le prestazioni (sottese alle specifiche competenze) e non il numero di professionisti.
Si può quindi affermare ..che la complessità assistenziale (quantificata e quantificabile) necessità di più professionisti (e per lo più con diverse competenze).
Sembrerebbe un artificio per eludere la domanda …(ma è qui che si gioca la vera partita)…..se non vi è idea di quali competenze occorrono per quel paziente non avrò nemmeno idea di quanti infermieri impiegare….e da qui il passo è breve all’affermazione retorica (ma sempre viva) di…”più siamo e meglio stiamo”.
La professionalità svincolata dalla peculiarità delle prestazioni apre a concetti pericolosi, quali demansionamento (tanto tutti possono fare tutto), siamo tutti uguali quindi l’uno vale l’altro (appiattimento della professionalità), se poi metti anche le “cure mancante” vi è l’apoteosi delle banalità.
…….Direi che occorrono i giusti infermieri per i giusti pazienti….. ; ma continuerei a rimanere “vago” ed “impreciso”.
La verità è che mentre le altre professionalità sono orientate alla prestazione da offrire al paziente/utente/cliente, per l’infermiere vi è un’ambiguità di genere….ovvero si è orientati al paziente ma soprattutto si è funzionali all’organizzazione, che ci vede “operai” e “ingranaggi” di un sistema , dove sì è “indispensabili” ma sempre facilmente sostituibili, poiché facili da intercambiare una volta “consumati”.
Le strategie di compensazione tra competenze, personale di supporto ed organizzazione sanitaria costituiscono di fatto le basi per il superamento del “rapporto quantitativo” e l’affermazione del concetto di “rapporto qualitativo” delle cure.
Francesco Paolucci, Ufficio Stampa APSILEF