È stato firmato a Roma il Manifesto interreligioso dei Diritti nei percorsi del fine vita.
L’intesa è stata fortemente voluta dal dal Gmc Università Cattolica (Hospice Villa Speranza) e dalla Asl Roma 1 che ha ospitato la manifestazione presso il complesso di Santo Spirito in Sassia.
Il Manifesto definisce i diritti e garantisce, oltre alle cure, il rispetto della dignità e il supporto religioso e spirituale per chi si trova nella fase finale della vita in strutture sanitarie, attraverso 9 punti:
1. diritto di disporre del tempo residuo;
2. diritto al rispetto della propria religione;
3. diritto a servizi orientati al rispetto della sfera religiosa, spirituale e culturale;
4. diritto alla presenza del referente religioso o assistente spirituale;
5. diritto all’assistenza di un mediatore interculturale;
6. diritto a ricevere assistenza spirituale anche da parte di referenti di altre fedi;
7. diritto al sostegno spirituale e al supporto relazionale per sé e per i propri familiari;
8. diritto al rispetto delle pratiche pre e post mortem;
9. diritto al rispetto reciproco.
Indubbiamente quanto riportato non può essere che sottoscritto e soprattutto preteso in tutte le realtà sanitarie.
Il tema del fine vita è molto “sentito” e quello dell’umanizzazione delle cure “preminente” soprattutto nella fase ultima della vita (ossia la morte).
Ritengo però che il rivendicare diritti non possa essere disgiunto dall’osservanza dei doveri.
Lodevole l’iniziativa e nobile il fine, in tal senso è auspicabile che sia l’utenza che il personale sanitario debbano rivedere alla base quali diritti garantire al Sistema Sanitario (equità, fidelizzazione, giustizia, non maleficienza …), garantire quel rispetto reciproco che troppo spesso gli viene negato.
Francesco Paolucci, Ufficio Stampa APSILEF.