Conosciamo cos’è un elettrocardiogramma, sappiamo usare un elettrocardiografo e ne ravvisiamo l’utilità, in quanto, per mezzo dell’ECG è possibile determinare disturbi del ritmo, difetti di conduzione, ipertrofie delle camere cardiache, segni di ischemia o infarto del miocardio, squilibri elettrolitici, effetti cardiotossici dei farmaci oltre che, quindi, emergenze.
Il responsabile della corretta esecuzione è l’infermiere e, nelle aule accademiche abbiamo sicuramente appreso tutte le conoscenze di base sulla fisiopatologia cardiaca e sull’adeguata registrazione del tracciato.
Abbiamo studiato che la procedura si conclude con la rimozione degli elettrodi, la pulizia della cute del paziente, l’aiuto eventuale nella vestizione del torace, staccando poi il foglio millimetrato stampato dall’apparecchio, spegnere l’elettrocardiografo e mantenerlo in alimentazione per mezzo di una presa di corrente ma…manca sicuramente un passaggio.
Con l’esperienza abbiamo abbozzato la tecnica del “colpo d’occhio” sul foglio di stampa giusto per valutare l’eventuale presenza di artefatti; non vorremmo mai che il cardiologo, al momento della lettura, dubiti della nostra capacità di “esecuzione”.
Ma davvero termina tutto qui?
Nel nostro lavoro, l’elettrocardiogramma, mette in moto una serie di eventi organizzativi, decisionali etc. che, coinvolgono nel complesso medici ed infermieri.
L’esame elettrocardiografico si è diffuso sempre più nell’attività assistenziale, coinvolgendo ormai, per l’attuazione, infermieri di tutte le unità operative.
Il “colpo d’occhio” è utile ma, non soltanto per la ricerca di artefatti, quanto anche di segnali di allarme scaturenti da azioni che, in quel momento, possono essere sotto la nostra responsabilità (infusione endovenosa di potassio, calcio o altri farmaci che stanno esplicando un effetto cardiotossico, per esempio).
La conoscenza, quindi, degli elementi di base dell’elettrocardiografia può essere utile specie quando il primo a visionare un ECG sia l’infermiere e non il medico.
Il mancato riconoscimento del quadro di emergenza può tradursi in una imperdonabile perdita di tempo (soprattutto se parliamo di emergenze cardiologiche) che può far evolvere il quadro, rapidamente in un profilo irreversibile.
L’incriminazione, in tal caso, davanti un’aula di tribunale, sarà di “Omissione di Soccorso”. Questo perché, negli ultimi anni, la professione ha varato diversi obiettivi atti a valorizzare e riconoscere il proprio ruolo all’interno del sistema sanitario tra cui:
- Abrogazione del mansionario (arti.1 legge 42/99);
- Definizione del percorso formativo attraverso l’istituzione del corso di laurea (art. 5 legge 251/00);
- Riconoscimento ed inquadramento della dirigenza infermieristica (art. 6 legge 251/00);
- Istituzione dei servizi assistenziali infermieristici (art. 7 legge 251/00);
…per questo motivo non è più possibile nascondersi dietro improbabili attribuzioni di competenze e/o responsabilità alla sola figura medica. Siamo dei professionisti e, come tali “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.
Nel caso di un pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio la situazione è ancora peggiore perché rispondono del delitto più grave di omissione di atti d’ufficio (art. 328 cod.pen.). L’eventuale morte o danno alla persona che dall’abbandono o dall’omissione possano derivare, potranno essere puniti a titolo di colpa professionale realizzando la fattispecie dei delitti colposi di cui agli artt. 589 e 590 c.p.
È chiaro che, ancora, comprendiamo molto poco su questo tema, poco ci è stato insegnato in contenuti eppure, è intollerabile che un infermiere, trovandosi davanti un ECG, non riconosca l’instaurarsi di un quadro di emergenza.
L’infermiere grazie alle sue competenze ed abilità può salvare una vita e, pertanto deve trarre informazioni utili fornite dalle attrezzature, nel caso specifico; distinguere un quadro aritmico potenzialmente pericoloso o già aggravato, rientra nelle nostra responsabilità per garantire la migliore assistenza possibile ed efficace.
Nel futuro imminente, ci ritroveremo a pianificare strategie da adottare per potenziare la peculiarità dell’assistenza infermieristica e, quindi, di cogliere il senso della professione, riconosciuta dalla legislazione per contribuire alla crescita delle prestazioni sanitarie.
Si deve far in modo che l’esperienza non sovrasti più la conoscenza soprattutto nell’ambito delle emergenze dove, più che mai, tutti gli operatori devono definire il proprio ruolo per garantire interventi funzionali.
L’infermiere, nella fattispecie, può svolgere attività indipendenti per predisporre ed applicare protocolli multidisciplinari concernenti le proprie competenze ma, sempre, finalizzate alla salvaguardia salutistica del paziente. Attraverso ciò è possibile fare fronte professionalmente anche a casi inattesi, procurando rapida assistenza, oltre che continua ed efficiente.
Esistono sentenze in merito che delineano le responsabilità infermieristiche.
La sentenza n. 39838/2016 della quarta sezione penale della Cassazione, datata 19 settembre 2016, in seguito alla morte di una paziente (esteso infarto del miocardio) “…a causa di un’incauta diagnosi del medico del pronto soccorso, condanna gli infermieri ai quali, in virtù della continuità assistenziale, il paziente era stato affidato”.
Infermieri colpevoli, secondo la sentenza, per non aver “…saputo cogliere l’evolversi del quadro clinico della paziente, ed anziché allertare il medico reperibile, ha optato per chiedere un consulto al medico F., in servizio al Pronto soccorso”.
La stessa Cassazione “..assolve il medico del pronto soccorso dal reato di omicidio colposo per non aver commesso il fatto”.
Assunta Scozzafava
http://www.nursetimes.org/ecg-vs-abilita-infermieristiche/25573/