Tribunale di Palermo, sezione civile, sentenza 22.8.2016 n. 4147
nella causa iscritta al n. 3838 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi dell’anno 2010 vertente TRA L. P. A.; L. P. C.; L. P. G. ed O. S., tutti elettivamente domiciliati in VIA (omissis…) P., presso l’Avv. BUSCEMI DAVIDE che li rappresenta e difende per mandato in atti; attore
CONTRO
S. R. (C.F. (omissis…)), elettivamente domiciliato in VIA (omissis…) P., presso l’Avv. COCILOVO MASSIMO che la rappresenta e difende per mandato in atti;
E AZIENZA OSPEDALIERA OSPEDALI RIUNITI VILLA SOFIACERVELLO (C.F. (omissis…)), elettivamente domiciliato presso l’Avv. e GIZZI DANIELA V.LE (omissis…) P. che la rappresenta e difende per mandato in atti; convenuti
E NEI CONFRONTI COMPAGNIA ITALIANA DI PREVIDENZA ASSICURAZIONI E RIASSICURAZIONI S.P.A. elettivamente domiciliata in VIALE (omissis…) P., presso l’Avv. FERRARO DIEGO che la rappresenta e difende per mandato in atti; terza chiamata
IN FATTO ED IN DIRITTO
Con atto di citazione notificato il 10.03.10 gli odierni attori hanno convenuto in giudizio l’AZIENZA OSPEDALIERA OSPEDALI RIUNITI VILLA SOFIACERVELLO (da ora Azienda) e la dott.ssa R. S., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali e/o morali dagli stessi subiti a seguito del decesso della loro congiunta F. B., avvenuto il (omissis…).
A sostegno di quanto sopra gli attori esponevano che R. S., in servizio al pronto soccorso dell’Ospedale Cervello, avrebbe superficialmente visitato F. B., la quale accusava acuti dolori al torace, ignorando o sottovalutando le informazioni fornite dalla figlia L. P. C. circa lo stato di salute della paziente ed in particolare che la 72enne madre era sottoposta a terapia a mezzo di anticoagulanti, in quanto circa dieci anni prima aveva subito un intervento chirurgico di protesi valvolare aortica e mitralica e di applicazione di protesi all’aorta discendente toracica, ed era altresì sotto controllo periodico ecografico per la presenza di altri due aneurismi. Lamentano gli attori che la convenuta si sarebbe limitata a sottoporre a visita la paziente e, dopo averle auscultato il torace ed averle somministrato un antidolorifico, l’avrebbe dimessa poco dopo, limitandosi a consigliarle di assumere un antidolorifico tre volte al giorno e senza indicare nel referto alcuna diagnosi o prognosi. Poichè nel giro di poche ore il dolore toracico si riacutizzò, l’anziana donna venne quindi riaccompagnata nel corso della notte al pronto soccorso, ove stavolta – su impulso del differente medico di turno – venne finalmente disposta TAC d’urgenza che evidenziava la dissecazione dell’aorta toracica, cosicchè la B., veniva trasferita in altra struttura specializzata in cardiochirurgia con disponibilità al ricovero e cioè l’Ospedale Civico, dove la paziente, arrivata alle ore 7.00, veniva ricoverata presso il reparto di terapia intensiva e dove successivamente, alle ore 8.00 del 22.11.2007, decedeva per shock ipovolemico da rottura di aneurisma all’aorta toracica.
Ritenendo che il tempo inutilmente intercorso tra il primo accesso al Pronto Soccorso alle 17.03 del 21.11.2007 e quello successivo delle ore 3.52 del giorno successivo, all’esito del quale si attivò la procedura per un intervento chirurgico d’urgenza, fosse stato decisivo in ordine al decorso della crisi cardiaca ed al suo esito infausto, gli attori chiedono quindi il risarcimento di tutti i danni patiti. Sostengono infatti che la condotta inadempiente della dr.ssa S. R. ha causato, o comunque ha agevolato, l’aggravarsi delle condizioni di salute della sig.ra B. F., a tal punto che al momento del secondo acceso presso la struttura ospedaliera, poche ore dopo, esse erano divenute ormai tanto gravi ed irreversibili da determinarne il decesso.
Si costituiva la S. che, respingendo ogni addebito, chiamava in giudizio la propria compagnia assicurativa.
Costituitasi a sua volta in giudizio l’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello contestava sia la rappresentazione dei fatti sia le argomentazioni giuridiche formulate dagli attori.
La causa è stata poi posta in decisione sulle conclusioni delle parti previa assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c.
La domanda proposta dagli attori è infondata e va, sulla scorta delle considerazioni che seguono, rigettata.
Va preliminarmente esaminata la questione inerente la ammissibilità della richiesta da parte degli attori del risarcimento del danno per perdita di chance, formulata per la prima volta in comparsa conclusionale.
L’unico limite, secondo la citata sentenza, è che l’originario elemento identificativo soggettivo delle persone rimanga immutato e che la vicenda sostanziale sia uguale, o quantomeno collegata a quella dedotta in giudizio con l’atto introduttivo. Sarebbe quindi facile scorgere nel caso che ci occupa l’evidente interesse della parte attrice a modificare la domanda iniziale tenuto conto dell’esito dell’istruttoria (su cui si dirà dopo). Tuttavia, a parere del decidente, l’intervento della SS.UU. vale unicamente per la cd domande nuove proposte per la prima volta con le memorie ex art. 183 c.p.c. VI comma n°1 giacchè solo per esse può dirsi assente il rischio che la controparte possa essere “sorpresa” dalla modifica e vedersi mortificate le proprie potenzialità difensive. Infatti “se l’eventuale modifica avviene sempre in riferimento e connessione alla medesima ed originaria vicenda sostanziale, la controparte sa che una simile modifica potrebbe intervenire a norma della disciplina processuale vigente” e, dunque, non può essere colta impreparata, anche perchè le è assegnato un congruo termine (ex art. 183 c. 6 n°2) per potersi difendere e controdedurre anche sul piano probatorio. Tale possibilità è invece irrimediabilmente preclusa se la parte attrice introduce delle modifiche – sia pure sempre in riferimento e connessione alla medesima ed originaria vicenda sostanziale – per la prima volta in comparsa conclusionale come nel caso che ci occupa.
Ne consegue che la odierna domanda di parte attrice di risarcimento “da perdita di chance” in aggiunta o in subordinata alla domanda principale di risarcimento da danno da morte va dichiarata inammissibile.
Ciò detto si deve ora osservare che la giurisprudenza a partire dalla sentenza della cassazione 589/1999 è ormai attestata sulla natura contrattuale della responsabilità derivante dall’attività medica di talchè l’onere della prova che ricade sul paziente è limitato alla prova del rapporto intercorso con il medico e del peggioramento delle proprie condizioni di salute, mentre il medico che deve dimostrare l’insussistenza del nesso di causalità fra la propria condotta e le conseguenze dannose lamentate ovvero l’inesistenza di colpa nell’esecuzione della propria prestazione. (A tal proposito per la ripartizione dell’onere della prova si veda Cass. SS.UU. 13533/2001). è inoltre patrimonio comune della più recente giurisprudenza in tema di interventi sanitari che il loro fondamento giuridico va individuato nel consenso informato del paziente (cfr Cass. 14638/2004). E’, infine, principio condiviso quello per cui l’attività del medico si imputa alla casa di cura secondo il principio della immedesimazione organica ovvero della responsabilità dei padroni committenti a seconda del tipo di rapporto fra medico struttura (si veda a tal proposito cassazione 9556/2002).
Questi sono i principi giuridici da tenere presenti per esaminare sia il nucleo centrale della controversia sia l’attività del CTU in base al quesito a posto dal giudice.
Ebbene all’esito della CTU disposta in corso di giudizio è risultato insussistente il nesso di causalità tra la condotta del medico ed il decesso.
Per quanto infatti il CTU abbia rilevato significativi profili di imprudenza nella condotta della dott.ssa S. qualificata come “superficiale” considerato che gli stessi esordi clinici della pz imponevano immediati accertamenti diagnostici strumentali (perfettamente disponibili nella struttura) che invece non sono stati prescritti, non appare provato il nesso causale tra la condotta colposa (negligente) della convenuta e l’evento. L’ausiliare ha infatti accertato che “considerato lo specifico rischio chirurgico che grava sulla signora B., le chances di salvezza erano da considerarsi inferiori rispetto a quelle di esito infausto, che era più probabile (in misura percentuale superiore all’80%)…pertanto, non si concretizza responsabilità per debole relazione causale fra la condotta omissiva e il decesso, che sarebbe stato più probabile che non anche in caso di idoneo trattamento.
La condotta della S. si inserisce quindi come una possibile “concausa” nel verificarsi dell’evento che, a parere del decidente, non ha determinato il decesso appunto per il prevalente apporto delle altre concause puntualmente individuate dal CTU e riassunte ai punti a, b, c, d.
Per completezza va anche riferito che era già stato archiviato il giudizio penale a carico della convenuta R. S. instaurato per la medesima vicenda alla luce della perizia svolta in corso di causa che non aveva attestato “al di là di ogni ragionevole dubbio” la sussistenza del nesso causale tra condotta dell’imputata ed evento. (Si veda la documentazione prodotta in atti).
Alla luce di tali elementi le richieste risarcitorie della parte attrice non possono essere accolte.
Per quanto infatti sia stato pienamente comprovato il comportamento colposo della convenuta R. S. è mancata la prova del nesso causalità tra evento e danno non essendo stata comprovata l’idoneità della condotta del sanitario a cagionare il danno lamentato dalla paziente secondo i criteri indicati dalla giurisprudenza di Cassazione nell’ambito dei giudizi civili.
Il rigetto della domanda principale comporta l’assorbimento di tutte le domande di garanzia collegate al suo accoglimento svolte dalla convenuta S. nei confronti della Assicurazione terza chiamata in causa.
Dato l’esito del giudizio non può essere poi accolta la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c. posta dall’Azienda nelle conclusioni.
Sussistono invece giuste ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese di lite mentre le spese di C.T.U. liquidate come da decreti in atti, vanno poste definitivamente in solido alle parti convenute.
Diritto
P.Q.M.
Il Tribunale, uditi i procuratori delle parti costituite; ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa; definitivamente pronunciando;
le spese di C.T.U. liquidate come da decreti in atti.
Così deciso in Palermo, in data 18/06/2016.
LaPrevidenza.it, 03/10/2016