La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 2610 del 4 febbraio 2008, Pres. Senese, Rel. Cuoco) ha accolto il ricorso. Il lavoro prestato oltre il settimo giorno determina non solo, a causa della prestazione lavorativa nel giorno di domenica, la limitazione di specifiche esigenze familiari, personali e culturali alle quali il riposo domenicale è finalizzato, bensì una distinta ulteriore “sofferenza”: la privazione della pausa destinata al recupero delle energie psico-fisiche (il fondamento di questa esigenza di recupero è da ricercare in una cadenza che – anche ove non si ritenga di risalire alla Torah – è iscritta, come fatto lungamente protrattasi nel tempo, nella nostra coscienza e nella nostra biologia). L’esigenza ha giuridico riconoscimento nell’art. 36 Cost., nonché in disposizioni di legge ed in norme collettive. Nell’ipotesi di protrazione del lavoro oltre il sesto giorno, l’indicata “sofferenza” del lavoratore esige tuttavia un compenso normativamente giustificato dallo stesso art. 36 Cost.: la qualità del lavoro è funzione non solo – pur prevalentemente – del livello della prestazione (positivamente: quale valore intrinseco all’atto e fruito dal destinatario), bensì dell’oggettivo onere che, anche per il suo “valore marginale”, la prestazione esige (negativamente, quale costo causato dall’atto: ciò è ovvio nel lavoro straordinario). Avendo legittima causa nello stesso rapporto di lavoro e specificamente nella particolare onerosità della prestazione (effettuata nel settimo giorno consecutivo di lavoro), il compenso ha natura di retribuzione (dell’onerosità della specifica prestazione). Ove la norma collettiva non lo preveda, questo specifico compenso deve essere determinato dal giudice, attraverso integrazione della norma (che, avendo per oggetto la specificazione delle legittime “conseguenze” del contratto, ha il suo fondamento nell’art. 1374 cod. civ.), sulla base d’una motivata valutazione che tenga conto dell’onerosità della prestazione lavorativa, e di eventuali forme di compensazione normativamente previste per istituti affini, quale il compenso del lavoro domenicale, od altro (per la determinazione del compenso da parte del giudice, Cass. 11 aprile 2007 n. 8709). La Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata ed ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Roma, enunciando il seguente principio di diritto: “La prestazione effettuata nel settimo giorno consecutivo di lavoro esige, per la sua particolare onerosità, specifico compenso, da differenziarsi dal (pur spettante) compenso del lavoro prestato nel giorno di domenica, e che non si esaurisce in un distinto giorno di riposo dopo il settimo giorno consecutivo di lavoro. Questo compenso, che ha natura di retribuzione, può essere espressamente previsto dalla norma collettiva, come casualmente connesso alla prestazione resa nel settimo giorno consecutivo di lavoro. Ove questa espressa previsione manchi, il giudice, sulla base d’una motivata valutazione che tenga conto dell’onerosità della prestazione lavorativa, determina la misura del compenso applicando come parametro anche eventuali forme di retribuzione normativamente previste per istituti affini, quale il compenso del lavoro domenicale, od altro”.
La Legge per tutti