Il miraggio della deroga all’esclusività professionale prevista per i professionisti sanitari non medici del comparto sanità.

Cari colleghi e colleghe,

ancora una volta i professionisti sanitari non medici vengono buggerati da un sistema che non mostra alcun segno di rispetto verso coloro che quotidianamente trainano con estrema fatica, preservando ciò nonostante la professionalità, un SSN che fa acqua da tutte le parti e che in moltissimi casi ostacola i professionisti sanitari non medici nell’esercizio delle attività di competenza tenendoli “legati” e “sottomessi” alla ‘professione medica’, nonostante le normative che sanciscono l’autonomia delle 22 professioni sanitarie, di cui all’art.1 della legge 1 febbraio 2006, n.43.

In molti, in questi ultimi mesi, sono stati illusi da normative che apparentemente derogavano, seppur temporaneamente, il vincolo di esclusività, al quale sono assoggettate le professioni sanitarie non mediche, in primis la FNOPI.

Infatti nell’articolo pubblicato il 29 marzo c.a., https://www.fnopi.it/2023/03/29/decreto-energia- esclusiva/#:~:text=La%20FNOPI%20prende%20atto%20della,pur%20collocandola%20a%20fine%202025., dal titolo “Decreto energia: VIA il vincolo di esclusività per gli infermieri dipendenti”, veniva enfatizzata la notizia circa “l’abolizione” temporanea, sino al 31 dicembre 2025, del vincolo di esclusività per i professionisti infermieri e per le altre 21 professioni sanitarie non mediche, di cui all’art. 1 della legge del 1° febbraio 2006, n. 43.

Per comprendere cosa tangibilmente determina ancora oggi, nonostante il tanto decantato disposto (art. 3 quater del D.L. n.127/2021, convertito con modifiche dalla legge n. 165/2021 ed in seguito ulteriormente modificato dal D.L. n. 34/2023, convertito con modifiche dalla Legge n. 56/2023), una subdola esclusività, bisogna sviscerare nei vari passaggi le normative che si sono susseguite in questi ultimi 3 anni circa.

Con l’art. 3 quater, comma 1, D.L. del 21 settembre 2021, n. 127, risultante dopo la conversione in legge mediante la L. 24 febbraio 2021, n. 165, inizialmente veniva previsto che agli operatori delle professioni sanitarie appartenenti al personale del comparto sanità, di cui all’art. 1 della legge 1° febbraio 2006, n. 43, al di fuori dell’orario di servizio e per massimo quattro ore settimanali, non dovevano applicarsi le incompatibilità di cui all’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, e all’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, fino alla cessazione dello stato di emergenza; in seguito il D.L. 24 marzo 2022, n. 24 con l’art. 10, comma 1, ha disposto la proroga della disposizione fino al 31 dicembre 2022.

Attraverso l’art.4, comma 8-ter, del D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, risultante dopo la conversione in legge operata dalla L. 24 febbraio 2023, n.14, viene prevista una ulteriore proroga della deroga all’incompatibilità, al 31 dicembre 2023, e innalzato il limite a otto ore settimanali.

In seguito l’art.13, comma1, del D.L. 30 marzo 2023, n. 34, convertito in legge dalla L. 26 maggio 2023, n. 56, elimina il limite orario settimanale, prevedendo al capoverso 1, secondo periodo del medesimo comma “Il Ministero della salute effettua annualmente il monitoraggio delle autorizzazioni concesse e dei tassi di assenza e dei permessi fruiti dal personale autorizzato.”; periodo in seguito modificato dalla legge di conversione, appunto L. n. 56/2023, “Il Ministero della salute effettua periodicamente, e comunque ogni due anni, un monitoraggio sull’attuazione della disposizione di cui al primo periodo”, tale modifica determina l’illusione che l’autorizzazione dell’azienda di appartenenza non sia più necessaria.

Quindi, per chiarezza, l’art. 13, comma 1, del D.L. 34/20223, convertito in legge dalla L. n. 56/2023, dispone “All’ articolo 3-quater del D.L. 21 settembre 2021, n. 127, convertito, con modificazioni, dalla Legge 19 novembre 2021, n. 165, il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Fino al 31 dicembre 2025, agli operatori delle professioni sanitarie di cui all’articolo 1 della Legge 1 febbraio 2006, n.43, appartenenti al personale del comparto sanità, al di fuori dell’orario di servizio non si applicano le incompatibilita’ di cui all’ articolo 4, co 7, L. 30 dicembre 1991, n. 412, e all’articolo 53 del DLgs. 30 marzo 2001, n. 165 ((Il Ministero della salute effettua periodicamente, e comunque ogni due anni, un monitoraggio sull’attuazione della disposizione di cui al primo periodo))».”, ciò crea l’illusione che l’autorizzazione dal vertice dell’amministrazione di appartenenza non sia più necessaria.

Pura utopia dovuta al fatto che, per estrema chiarezza, il comma 2 dell’art. 3 quater, D.L. n. 127/2021, risultante dopo la conversione in legge attraverso la L. n. 165/2021, il quale dispone che “In ogni caso gli incarichi di cui al comma 1, per i quali non trovano applicazione gli articoli 15-quater e 15-quinquies del DLgs. 30 dicembre 1992, n. 502, sono previamente autorizzati, al fine di garantire prioritariamente le esigenze organizzative del Servizio sanitario nazionale nonche’ di verificare il rispetto della normativa sull’orario di lavoro,  dal vertice dell’amministrazione di appartenenza, il quale attesta che la predetta autorizzazione non pregiudica l’obiettivo aziendale relativo allo smaltimento delle liste di attesa, nel rispetto della disciplina nazionale di recupero delle predette liste di attesa anche conseguenti all’emergenza pandemica.”, in tutti questi passaggi normativi non è mai stato abrogato o modificato al fine di determinare effettivamente la deroga all’esclusività professionale delle professioni sanitarie non mediche. Non sappiamo se per pura distrazione o effettiva volizione del legislatore.

Ciò ha determinato la vana speranza, nei professionisti sanitari non medici e non solo, che il rapporto di esclusività fosse stato, attraverso il D.L. 34/2023, derogato sino al 31 dicembre 2025, ma in realtà è ancora tutto legato alle volontà delle amministrazioni di appartenenza visto che tale disposizione conserva il regime autorizzativo legato a tre limiti:

  • priorità alle esigenze organizzative del SSN;
  • verifica del rispetto delle normative sull’orario di lavoro, limite che lascia ampia interpretazione;
  • evitare che l’autorizzazione pregiudichi lo smaltimento delle liste d’attesa.

Ergo, attraverso il comma 1, dell’art. 13, del D.L. 34/2023, convertito in legge dalla L. n. 56/2023, hanno creato la chimera di una deroga all’esclusività professionale, prevedendo la non applicazione, seppur temporanea, dell’art. 53, del D.Lgs. 165/2001 e dell’art. 4, comma 7, della L. 412/1991, mentre con il comma 2, dell’art. 3 quater, D.L. 127/2021, convertito in legge mediante la L. 165/2021, hanno rimesso tutto nuovamente nelle mani delle amministrazioni di appartenenza come prevede l’art. 53, comma 7, del D.Lgs. 165/2001, “I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza..”.

Con un’adeguata riflessione si può comprendere che i limiti imposti servono ad elidere la tanto decantata libertà dei professionisti sanitari non medici a espletare attività professionali extraistituzionali, al di là delle ulteriori criticità fiscali che possono sorgere.

Questo perché sappiamo bene che uno dei principali problemi del SSN è la drammatica mancanza di infermieri; infatti il rapporto OCSE “Health at a Glance: Europe 2022” evidenzia che la media europea di infermieri per mille abitanti e di 8,3, mentre in Italia la media è di 6,3 per mille abitanti; è incontrovertibile che nel nostro Paese vi sia una carenza di 2 infermieri ogni mille abitanti, cioè di circa 120.000 infermieri sul territorio nazionale.

Tale situazione determina di per sé una improbabile possibilità che le aziende sanitarie non abbiano esigenze organizzative o che non vi sia la necessità di smaltire le liste d’attesa che l’emergenza pandemica ha sicuramente contribuito a incrementare, di conseguenza l’autorizzazione all’espletamento delle prestazioni professionali extraistituzionali per molti sarà una chimera.

Come difficile sarà rispettare le normative sull’orario di lavoro se devono essere sommate le ore di lavoro istituzionale alle ore espletate per lo svolgimento delle attività extraistituzionali.

Ci si auspica, ancora una volta, che le Federazioni deputate alla rappresentanza e tutela dei Professionisti Sanitari (FNOPI, FNOPO, FNO TSRM-PSTRP), gli Ordini Professionali Provinciali (collaborando anche con le Associazioni Professionali di categoria) e le Organizzazioni Sindacali, tutte, intervengano in tempi brevi affinché sia posto il dovuto rimedio a una normativa che non solo presenta diverse lacune ma nel contempo ha buggerato i professionisti sanitari non medici che sino a pochi mesi fa erano ritenuti degli “eroi”, specie per le forze politiche.

Sicuramente APSILEF sarà sempre disponibile a collaborare per raggiungere gli obiettivi professionali che riguardano TUTTE le Professioni Sanitarie, come afferma in ogni occasione la Presidente Mara Pavan.

Dott. Savino Dilillo – Infermiere Legale e Forense Ufficio Stampa APSILEF

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