- ORDINAMENTI
Dott.sa Eleonora Donadio
Infermiere Legale Forense
Consiglio direttivo APSILEF
Coord. Ufficio stampa e Comunicazione APSILEF
Resp.Gruppo regionale Emilia Romagna APSILEF
CONVENZIONE SULL’ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA E DELLE MOLESTIE NEL MONDO DEL LAVORO
Il Ministero degli Affari Esteri con il Comunicato in G.U. 25 novembre 2022, n. 276[1] ha notificato che si è perfezionata la procedura per l’entrata in vigore della la Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del lavoro n. 190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie[2] sul luogo di lavoro, adottata a Ginevra il 21 giugno 2019 . In conformità al suo art. 14, la Convenzione[3] è entrata in vigore il 29 ottobre 2022.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro, OIL (International Labour Organization), è un’Agenzia appartenente alle Nazioni Unite, specializzata nella tutela dei diritti dei lavoratori. La Costituzione dell’OIL è stata redatta agli inizi del 1919 da una Commissione composta da rappresentanti di nove paesi (Belgio, Cecoslovacchia, Cuba, Francia, Giappone, Italia, Polonia, Regno Unito, Stati Uniti)[4] istituendo un’organizzazione tripartita i cui organi esecutivi sono composti da rappresentanti di governi, imprenditori e lavoratori. Oggi i paesi appartenenti all’Organizzazione sono 187.
L’attività centrale dell’OIL consiste fondamentalmente nella stipulazione di trattati internazionali che vengono attuati tramite Convenzioni e Raccomandazioni, e una volta ratificati dai Paesi membri, devono essere trasposti nella legislazione nazionale.
Più precisamente le Convenzioni sono destinate alla ratifica, che una volta avvenuta, le rendono vincolanti, facendo sorgere in capo allo Stato l’obbligo di seguirne le disposizioni, mentre le Raccomandazioni, non avendo portata normativa, non necessitano la ratifica, ma servono ad indirizzare le politiche nazionali.
In relazione all’applicazione delle convenzioni che sono state ratificate ogni Stato membro è tenuto a presentare, secondo scadenze definite, i rapporti riguardanti le misure adottate sia a livello legislativo sia nella prassi.
La Convenzione 190 si inserisce nell’ottica di tolleranza zero di qualsiasi violazione o abuso dei diritti umani promuovendo un mondo del lavoro libero da violenze e molestie. Il processo è iniziato nel novembre del 2015 ed è terminato nel 2019. In quest’arco temporale sono stati necessari diversi incontri e conferenze per esaminare le bozze proposte e apportarvi modifiche; nel marzo del 2019 c’è stata la consultazione tripartita informale e in giugno 2019 il processo si è concluso con la discussione finale e l’approvazione della Convenzione 190 e della Raccomandazione 206.
La comunità internazionale riconosce che le violenze e le molestie nel mondo del lavoro non possono più essere tollerate e devono essere completamente eliminate. È indubbio poi il fatto che le donne vengono colpite da questo fenomeno in maniera sproporzionata e questo costituisce un’ulteriore incentivo per l’utilizzo di un approccio che aspira a risolvere il preoccupante problema investigando le cause radicate nella società come l’abuso di potere e le posizioni diseguali.
La Convenzione 190 porge una disciplina comune ed univoca ai Paesi che la sottoscrivono.
Il tratto più innovativo della Convenzione risiede nella logica utilizzata.
Mentre il quadro normativo di riferimento si caratterizza per una logica di tipo “negativa”, composta primariamente da divieti e sanzioni, la Convenzione si basa su un approccio “positivo” che tende a creare quanto più possibile condizioni di rispetto per tutti i lavoratori.
Ed è proprio nella parte definitoria che la Convenzione fa leva del suo aspetto innovativo.
Più precisamente
al Capo I-DEFINIZIONI
- l’articolo 1 cosi recita
Ai fini della presente Convenzione:
a) l’espressione “violenza e molestie” nel mondo del lavoro indica un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, e include la violenza e le molestie di genere;
b) l’espressione “violenza e molestie di genere” indica la violenza e le molestie nei confronti di persone in ragione del loro sesso o genere, o che colpiscano in modo sproporzionato persone di un sesso o genere specifico, ivi comprese le molestie sessuali.
al capo II-AMBITO DI APPLICAZIONE
- l’Articolo 2 comma 1 definisce
La presente Convenzione protegge i lavoratori e altri soggetti nel mondo del lavoro, ivi compresi le lavoratrici e i lavoratori come definiti dalle pratiche e dal diritto nazionale, oltre a persone che lavorino indipendentemente dallo status contrattuale, le persone in formazione, inclusi tirocinanti e apprendisti, le lavoratrici e i lavoratori licenziati, i volontari, le persone alla ricerca di un impiego o candidate a un lavoro, e individui che esercitino l’autorità, i doveri e le responsabilità di datrice o datore di lavoro
- l’Articolo 2 comma 2 definisce
La presente Convenzione si applica a tutti i settori, sia privato che pubblico, all’economia formale e informale, e alle aree urbane o rurali.
- l’articolo 3 spiega
La presente Convenzione si applica alla violenza e alle molestie nel mondo del lavoro che si verifichino in occasione di lavoro, in connessione con il lavoro o che scaturiscano dal lavoro:
a) nel posto di lavoro, ivi compresi spazi pubblici e privati laddove questi siano un luogo di lavoro;
b) in luoghi in cui la lavoratrice o il lavoratore riceve la retribuzione, in luoghi destinati alla pausa o alla pausa pranzo, oppure nei luoghi di utilizzo di servizi igienico-sanitari o negli spogliatoi;
c) durante spostamenti o viaggi di lavoro, formazione, eventi o attività sociali correlate con il lavoro;
d) a seguito di comunicazioni di lavoro, incluse quelle rese possibili dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;
e) all’interno di alloggi messi a disposizione dai datori di lavoro;
f) durante gli spostamenti per recarsi al lavoro e per il rientro dal lavoro.
Affiora immediatamente come il concetto utilizzato nella Convenzione superi il concetto tradizionale di luogo di lavoro, poiché, per gli effetti della stessa, dal momento che recita «spazi pubblici e privati laddove questi siano un luogo di lavoro» annovera anche i casi di “lavoro agile”.
Ancora, nell’elenco esemplificativo delle maniere in cui può manifestarsi la violenza, è degno di nota il fatto che siano indicati “le comunicazioni e i messaggi virtuali” (art.3 lett. d) con riferimento alle tecnologie quale mezzo per veicolare violenza e molestie, includendo perciò nella nozione di violenza di genere anche quella a carattere virtuale.
- RESPONSABILITÀ DEL DATORE DI LAVORO
La responsabilità del datore di lavoro per il fatto del dipendente è prevista dall’articolo 1228 del Codice Civile che cosi recita <<Salva diversa volontà delle parti, il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si vale dell’opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro>>.
Nell’art. 1228 c.c., deve vedersi enunciato il principio della responsabilità obbiettiva, vale a dire di una responsabilità che si fonda sulla nota massima: cuius commoda eius incommoda esse debent, per cui il debitore, che si avvale dell’opera dei suoi ausiliari e dalla medesima ritrae vantaggio ed utile, deve subirne anche i rischi e risponderne in damnosis.
Analoga previsione si trova nell’art. 2049 del C.C. che cosi recita <<I padroni e i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti>>.Tuttavia, mentre quest’ultima norma utilizza l’espressione “domestici e commessi”, l’ art.1228 si riferisce ai “terzi”.
Dunque, si può ritenere che nell’illecito contrattuale il debitore risponde dell’opera prestata da qualsiasi terzo, mentre in quello aquiliano è necessario un vincolo di effettiva subordinazione.
Entrambe le fattispecie prevedono che il datore di lavoro, avvalendosi dell’opera di altri ne deve rispondere, purché sussista il cosiddetto nesso di occasionalità necessaria.
Il nesso di occasionalità necessaria si verifica ogni volta in cui il fatto lesivo è prodotto a seguito di un’azione riconducibile allo svolgimento dell’attività lavorativa, anche se il dipendente svolgendo tale azione ha oltrepassato i limiti delle proprie mansioni o abbia agito all’insaputa del datore di lavoro.
La Corte di Cassazione con decisione a Sezioni Unite[5] di cui alla sentenza n. 13246/2019, è intervenuta a risolvere il contrasto circa la responsabilità civile della Amministrazione Pubblica per condotta illecita del dipendente.
Le Sezioni Unite hanno, infatti, composto il contrasto pronunciando il seguente principio di diritto: “Lo Stato o l’ente pubblico risponde civilmente del danno cagionato a terzi dal fatto penalmente illecito del suo dipendente anche quando questi abbia approfittato delle proprie attribuzioni ed agito per finalità esclusivamente personali od egoistiche ed estranee a quelle della amministrazione di appartenenza, purché la sua condotta sia legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri che esercita o di cui è titolare, nel senso che la condotta illecita dannosa – e, quale sua conseguenza, il danno ingiusto a terzi – non sarebbe stato possibile, in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base ad un giudizio contro fattuale riferito al tempo della condotta, senza l’esercizio di quelle funzioni o poteri che, per quanto deviati o abusivi od illeciti, non ne integri uno sviluppo oggettivamente anomalo”.[6]
Le Sezioni Unite hanno definito, poi, un passaggio fondamentale sul nesso di occasionalità necessario, ossia la relazione per la quale la condotta illecita dannosa non sarebbe stata possibile “in applicazione del principio di causalità adeguata ed in base ad un giudizio contro fattuale riferito al tempo della condotta”. Sono fonte di responsabilità anche tutte quelle condotte che l’amministrazione preponente avrebbe potuto raffigurarsi e prevenire quale “sviluppo non anomalo dell’esercizio del conferito potere di agire”, anche se illecito.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 13246/2019, fondando il proprio ragionamento sul criterio “privatistico” del rapporto di preposizione ex art. 2049 c.c., ha riconosciuta la responsabilità indiretta ed oggettiva della Pubblica Amministrazione anche per la condotta del dipendente diretta a perseguire finalità unicamente personali ed egoistiche, “ove poste in essere sfruttando l’occasione necessaria offerta dall’adempimento delle funzioni pubbliche cui essi sono preposti, nonché integranti il non imprevedibile od eterogeneo sviluppo di un non corretto esercizio di tali funzioni” (in questo senso Cass. Pen. 20/01/2015 n.13799, richiamata da Cass. Pen. 03/04/2017 n. 35588)
Con la sentenza n.4099 del 18/02/2020 la Corte di Cassazione ha ribadito che, nel caso in cui un lavoratore subisca una violenza sul luogo di lavoro, avrà diritto di ottenere il risarcimento sia del danno biologico che del danno esistenziale. La ratio di questa disposizione trova fondamento, come più sopra detto, nel fatto che, quegli che trae beneficio da un’opera ne deve sopportare i rischi, per cui è responsabile dei danni cagionati a terzi da soggetti appartenenti l’organizzazione aziendale.
La fattispecie è costituita quindi da tre elementi:
1. Nesso di causalità per cui il danno deve essere ascrivibile al comportamento del dipendente.
2. Sussistenza del vincolo di dipendenza, salvo casi contrari previsti dalla legge.
3. Nesso di occasionalità necessaria tra il fatto illecito e l’incarico del lavoratore.
[1] https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2022-11-25&atto.codiceRedazionale=22A06698&elenco30giorni=true
[2] La direttiva 2006/54/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006, recepita nel nostro ordinamento dal Codice delle Pari opportunità, all’articolo 26 definisce la molestia e la molestia sessuale:
1. Sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
2. Sono, altresì considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
2-bis) Sono, altresì considerati come discriminazione i trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di aver rifiutato i comportamenti di cui ai comma 1 e 2 o di esservisi sottomessi.
Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti di cui ai commi 1 e 2 sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Sono considerati, altresì, discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.
Ulteriormente i commi 1 e 2 dell’ art. 25 del Codice delle pari opportunità (DLgs 198/2006 ss. mm. ii.) statuiscono:
1.Costituisce discriminazione diretta, ai sensi del presente titolo, qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le candidate e i candidati, in fase di selezione del personale, le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga,
2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi del presente titolo, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, compresi quelli di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro, apparentemente neutri mettono o possono mettere i candidati in fase di selezione e i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.
[3] https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/—europe/—ro-geneva/—ilo-rome/documents/normativeinstrument/wcms_713379.pdf
[4] Oggi i paesi appartenenti all’Organizzazione sono 187.
[5] Quando la Corte di Cassazione deve fornire un’interpretazione uniforme del diritto per esempio in caso di contrasto tra l’orientamento delle singole Sezioni, essa decide a Sezioni Unite. La pronuncia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione acquista nell’interpretazione del diritto una particolare autorevolezza, tanto che le singole sezioni della Corte non potranno discostarsene senza preventiva autorizzazione delle Sezioni Unite.
[6] In altre parole, introducendo un regime di responsabilità a doppio binario, è stata riconosciuta la natura composita della responsabilità della PA:
- diretta ed extracontrattuale ex art. 2043 c.c. quando il dipendente preposto, in virtù del rapporto organico, agisca in via autoritativa;
- oggettiva ed indiretta ex art. 2049 c.c. quando il funzionario, non agendo in via autoritativa, ma in ragione del nesso di occasionalità, reca un danno ingiusto ad un terzo con la propria condotta, che deve costituire una deviazione non imprevedibile della funzione attribuitagli.